VALDUCCI: Pdl, potere ai gazebo
Proponiamo l’intervista a Panorama del responsabile enti locali di Forza Italia Mario Valducci, pubblicata sul numero del 29 gennaio 2009
“Nel 1993, con l’elezione diretta dei sindaci, iniziò la transizione dalla Prima repubblica alla nuova Repubblica. Nel 2000 arrivò anche l’elezione diretta dei presidenti delle regioni. Adesso questo processo, che si identifica con l’era Berlusconi, deve avere il suo naturale completamento con una grande riforma costituzionale che preveda il presidenzialismo, indispensabile per governare una società che si muove con una rapidità diversa dal passato”.Mario Valducci, 49 anni, presidente della commissione Trasporti della Camera e responsabile enti locali di Forza Italia, appartiene alla ristretta cerchia dei fedelissimi berlusconiani, anche per essere stato tra i fondatori del partito. Quella che affida a Panorama, a due mesi dal congresso fondativo del Pdl, è una anticipazione doppia: del tema presidenzialista che segnerà il congresso e poi il successivo scorcio di legislatura; e del modello di funzionamento della nuova forza destinata a nascere dalla fusione di Fi e An.
Se presidenzialismo sarà la parola d’ordine del Pdl, si suppone che si cominci ad applicarla dentro il partito. Decide solo il capo e gli iscritti applaudono?
"In 15 anni di storia Fi ha avuto un picco di 400 mila iscritti. Rispetto a una media di 10 milioni di elettori, sono il 4 per cento. E se andiamo a vedere ancora meglio, quei 400 mila si sono iscritti perché a chiederglielo sono stati 20-30 mila persone, cioè lo 0,2-0,3 per cento. Un partito non può essere governato dallo 0,3 per cento."
Tessere addio?
Servono due binari. Uno sarà quello degli iscritti, della politica vissuta a tempo pieno: indispensabile per far funzionare il partito e le istituzioni, per selezionare la classe dirigente. L’altro binario sarà riservato ai registrati, cioè a quelli che ci votano, non sono interessati a impegnarsi nella vita politica, epperò vogliono dire la loro.
Se si deve scegliere un candidato sindaco, oppure la linea sulla fecondazione artificiale, che si fa?
Votano i registrati. Una platea così larga, fatta di milioni di persone, costituirà una garanzia, sarà un parlamento a cielo aperto.
Si sceglieranno in questo modo anche i candidati alle europee e alle amministrative di primavera?
Non si farà in tempo. Non sarà ancora disponibile l’albo dei registrati, e primarie senza regole certe rischiano solo di creare confusione. Sceglieremo i candidati con i metodi tradizionali, ma aiutandoci anche con i sondaggi.
Mancano due mesi alla fusione, ma Fi e An sembrano marciare ciascuno per conto proprio...
Effettivamente in An c’è ancora una certa propensione a distinguere se stessi dal Pdl. Può essere comprensibile, dopo una così lunga storia politica. Ma agli amici di An, che vedo preoccupati per pesi e contrappesi nel Pdl, dico che il bilancino non è un dogma. Per esempio, vedo che oggi le intenzioni di voto per Fi sono sul 30 per cento, quelle per An e Lega intorno al 10.
An si considera portatrice di una maggiore professionalità politica, il che le fa soffrire ancor di più il rischio di farsi fagocitare da Fi.
Sì, talvolta gli amici di An sembrano volerci dare lezioni di politica. Ma vorrei ricordare loro che Silvio Berlusconi è uno che è riuscito a conquistare tre volte Palazzo Chigi. È difficile insegnare a lui come si fa politica.
An si comporta come un «correntone» del Pdl, ma anche tra i forzisti si distinguono aree di ex socialisti, ex democristiani, ciellini...Pur nella consapevolezza che il leader è molto contrario, vedo che si insiste con la propensione a voler conservare anche nel Pdl le proprie vecchie storie. Se questa tendenza continuerà, sarà giocoforza che anche chi ha collaborato più lealmente con Berlusconi si organizzi.
Nel qual caso, sembra di capire, gli "ex qualcosa", An in primis, conterebbero ancora di meno.
Nel nuovo partito ci si dovrà dividere e contare sulle cose concrete, non sulle vecchie appartenenze.
Se dopo le europee il Pd dovesse spaccarsi, vi sarebbe una marcia indietro nella fusione tra Fi e An?
Non credo. Anzitutto noi, a differenza del Pd, abbiamo un leader come Berlusconi e un comune ancoraggio europeo nel Ppe. Inoltre un partito presidenzialista deve puntare al bipartitismo, non certo al ritorno alla frammentazione.
Ci sono timori per l’iniziativa dell’Udc, che torna alla carica proponendo un polo di centro allargato a pezzi della ex Margherita?
Mi sembra un estremo tentativo di raccogliere tutte le forze contrarie al presidenzialismo e al bipolarismo. Ma è destinato a fallire. Il centro è un’idea che ormai può esistere solo tra un voto e l’altro. Poi, quando si aprono le urne, gli italiani hanno già dimostrato di non amare le posizioni di ambiguità.
Lei è milanese: la Lega nel Nord vi sta rubando spazio e voti.
Sì, una preoccupazione c’è. L’ elettorato del Nord ci ha voluto dare qualche segnale. Dovremo stare ancora più attenti alla scelta dei nostri candidati sindaci per le amministrative.
Come spiega l’avanzata leghista?
La Lega è un partito che lavora bene sul territorio, un po’ come il vecchio Pci, con il quale condivide anche una forte leadership e una scarsa democrazia interna. Ed è un partito d’ordine. Evidentemente i settentrionali, che sono gente d’ordine, apprezzano.
Perché, lei nel Pdl vede tutta questa democrazia interna?
Il Pdl è un partito di anarchia liberale. Soprattutto in periferia nascono di continuo polemiche interne che non ci giovano.«
22/1/2009
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