Proponiamo ai lettori il testo dell'intervento pronunciato alla Camera dei Deputati dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, in sede di discussione della mozione di sfiducia al sottosegretario Giacomo Caliendo.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo, innanzitutto, il parere contrario del Governo sulla mozione Franceschini, Donadi ed altri. Esprimo un convinto parere contrario, perché riteniamo che il sottosegretario Caliendo debba continuare a svolgere il lavoro che, con proficuo impegno, ha svolto fino ad oggi. Ciò perché consideriamo il sottosegretario Caliendo un uomo del Governo che mai si è sottratto ai doveri del proprio ufficio e che mai ha agito contrariamente ad essi. Consideriamo infatti che, in questa vicenda, tutto è noto e tutto è stato pubblicato sui giornali, mentre ciò che non è noto, ciò che non è chiaro, è esattamente ciò che, in violazione dei doveri del proprio ufficio, in violazione della legge e in violazione di codici, anche rigorosi, di natura etica, il sottosegretario Caliendo avrebbe fatto.
Sono il ministro della Giustizia e non posso occuparmi del merito di questa indagine, tuttavia ho ascoltato con attenzione quanto ha detto l'onorevole Contento poc'anzi. Credo che, con efficacia, l'onorevole Contento abbia voluto affermare che non c'è niente, che non c'è niente, che non c'è niente, e che financo la «P3» sia probabilmente frutto di una costruzione di taluni pubblici ministeri e di una certa sinistra, che accusa in base a quella costruzione. Ecco perché, onorevole Andrea Orlando (Pd, ndr), ho ascoltato con attenzione il suo intervento e le dico questo: non si può trarre spunto da un'indagine per presentare una mozione di sfiducia e, quando ci si rende conto che tale mozione di sfiducia agganciata a quell'indagine diventa troppo debole, eccepire l'argomento dell'«a prescindere». No. Voi avete presentato questa mozione di sfiducia perché c'era questa indagine, e se oggi dite che volete la sfiducia a prescindere, è perché vi rendete conto che la mozione di sfiducia che avete presentato è stata strumentale e debole, altrimenti insistereste sull'indagine.
Mi permetto di fare anche un'altra considerazione: oggi, in quest'Aula, la discussione che ci vede impegnati non riguarda solamente il destino di un uomo che fa parte del Governo, di un sottosegretario di Stato, no, investe qualcosa di più grande: il rapporto che deve esistere fra le istituzioni liberamente elette, sorrette dalla sovranità popolare, e l'azione libera, autonoma ed indipendente di altri ordini dello Stato. Attiene l'autonomia e la sovranità, sì della magistratura, l'autonomia e l'indipendenza, sì della magistratura, ma attiene l'autonomia e l'indipendenza di un Parlamento libero e sovrano e di un sottosegretario che sta al Governo, e che non ha il diritto di essere condannato in ragione di un'indagine dalla quale voi vorreste prescindere. Non ha la possibilità di essere giudicato da una mozione che vorrebbe farlo decadere per un qualche cosa che viene considerato, da tanti, una fumisteria.
La considerazione che ne nasce per conseguenza è che il principio di legalità deve trovare un suo pieno coniugio con un altro principio, che è quello di non colpevolezza. Inoltre vi è un punto di equilibrio difficile da ricercare, ma che il Parlamento deve cercare: tra l'idea che un cittadino è presunto innocente, e l'idea che le istituzioni, il loro decoro e la loro dignità, vanno comunque salvaguardate. Questo punto di equilibrio non si trova una volta per tutte, ma si trova caso per caso, e in questo specifico caso, probabilmente, state sbagliando, perché state mettendo il Parlamento, e un membro del Governo, sotto accusa perché iscritto nel registro degli indagati, senza considerare la vicenda di merito che vi porterebbe nella direzione opposta, e cioè a rivendicare una sovranità del Parlamento e un'autonomia della politica.
Ecco perché credo che questo voto sia importante, sia per chi proclama ideali riformatori sia per chi richiama, spesso, il diritto alle garanzie. È un voto importante perché la mozione e il voto resteranno nel curriculum: ciascuno si troverà, prima o poi, a fare i conti, nel prosieguo della propria esperienza nelle pubbliche istituzioni, con la mozione oggi presentata e con il voto che sarà espresso. Potremmo fare anche riferimento al passato, ma non lo facciamo. Potremmo fare riferimento ai tanti casi in cui uomini delle istituzioni sono stati iscritti nel registro degli indagati e la loro dimissione non è stata richiesta, ma non lo facciamo. Non lo facciamo perché vogliamo riandare a un principio di fondo. Questo Parlamento, infatti, oggi non vota solo sul sottosegretario Caliendo, ma su un principio: il principio di non colpevolezza, la possibilità di individuare un punto di equilibrio tra il principio di non colpevolezza e il grande principio di legalità, il cui contenuto specifico non lo fa il contenuto di un'inchiesta, ma la Costituzione repubblicana, laddove è scolpito il principio della presunzione di non colpevolezza, e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Questa è la legalità, e con questa idea di legalità si può e si deve sposare il principio di non colpevolezza, e la scelta di merito di questo Parlamento.
Rispetto a tutto questo, oggi ciascuno scriverà, con il proprio voto, una pagina della propria esperienza pubblica nelle istituzioni, affermando che un uomo che fa parte di un Governo deve dimettersi perché è stato iscritto nel registro degli indagati. Non girateci attorno. Non potete dire che questo si svolge a prescindere, perché un nesso di causalità logico, e di ordine logico banale, porta a dire che se non ci fosse stata l'inchiesta non ci sarebbe stata la mozione, e siccome la mozione c'è perché c'è stata l'inchiesta, voi non potete sottrarvi a questo punto, che è cruciale. Voi state affermando in quest'Aula - e vi tornerà indietro prima o poi con il tempo - che chi è iscritto nel registro degli indagati deve dimettersi. Noi affermiamo una tesi opposta, ossia che tutti i cittadini italiani, anche coloro i quali sono membri del Governo, sono presunti innocenti. Tuttavia, se il loro comportamento crea disdoro alle istituzioni questi devono andare a casa, anche se non sono condannati, ma nel caso concreto, come ha ben detto l'onorevole Contento, così non è.
Ecco perché stiamo difendendo il sottosegretario Caliendo, perché crediamo anche nel principio delle garanzie, ossia nel garantismo, e crediamo, altresì, che questo garantismo non si applica sempre e comunque, perché non riteniamo che il garantismo equivalga a impunità. Il rispetto delle garanzie e dell'ideale garantista va sempre coniugato con una valutazione concreta del caso per caso che consenta di non rovinare quell'alto e nobile ideale sull'altare di posizioni indifendibili. Ecco perché stiamo difendendo Caliendo.
Pertanto, la conclusione è che difendiamo Caliendo, con lui difendendo un principio che è quello di non colpevolezza, con lui difendendo un valore che è quello della legalità scritta nella Costituzione, consapevoli che oggi alcuni tra i colleghi - e molti lo faranno per disciplina di partito - non voteranno secondo la propria coscienza, ma piegheranno ad un'utilità parlamentare di un giorno e ad un tatticismo parlamentare di un giorno un alto e nobile principio. Noi, invece, sosteniamo che con questi principi si fanno i conti tutti i giorni e che su questi principi non ci si può misurare in modo intermittente, un giorno sì e un giorno no, e che dobbiamo tenere fede a questi principi, su cui non ci si può astenere. Ci si astiene sulle leggi e sui provvedimenti, ma non sui principi. Difendendo questi principi, difendiamo la legalità repubblicana e la nostra Costituzione.
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