Maggioranza, Casini verso la svolta: è pronto ad allearsi con Berlusconi
di Laura Cesaretti
Roma - Lui la chiama «una scelta di pacificazione». Il centrodestra incassa con gran sollievo l’apertura di Pier Ferdinando Casini, e legge nella sua promessa di sostenere «le iniziative serie» del governo l’ufficializzazione della linea della mano tesa a Berlusconi. A masticare amaro, invece, sono il Pd (dal cui pressante corteggiamento Casini si smarca con destrezza: o me o Vendola, il Pd faccia «una scelta precisa», ben sapendo che il Pd non può farla) e Fini. Che secondo i maligni non era stato neppure avvertito dell’esternazione casiniana, via Corriere della Sera.
Il capo Udc mette naturalmente molte mani avanti, elenca paletti e esclude di voler fare «regali» al premier, o riceverne. Spiega che non sta certo offrendo di fare la «forza di complemento» della maggioranza; che è «degradante» immaginare di comprare i suoi voti con «qualche poltrona ministeriale»; che se qualcuno nel Pdl pensa di «rimettere le lancette indietro di dieci anni» e tornare all’alleanza del 2001 sbaglia: «È passata una stagione». Ma, in politica, di stagioni se ne possono sempre aprire altre: «È giusto guardare al futuro».
Il futuro Casini se lo giocherà in una trattativa di lungo periodo con Berlusconi, quando si tratterà di definire gli organigrammi istituzionali della prossima legislatura: premiership, presidenza della Repubblica, delle Camere, leadership del centrodestra. Nell’immediato, il leader dell’Udc ottiene due risultati non da poco: blinda i propri parlamentari (e su questo fronte aiuta anche Fini), evitando che qualche pecorella smarrita e incredula sulle prospettiva del Terzo Polo ceda al pressing berlusconiano; e allontana di un colpo il pericolo di elezioni anticipate.
Gli ultimatum della Lega sul federalismo e le resistenze di Tremonti sui conti che non permettono di aprire nuovi capitoli di spesa rimbalzano contro il muro di gomma di Casini: ormai, spiega, il federalismo fiscale è legge, e si tratta solo di mettersi d’accordo sulle «tecnicalità» dei decreti attuativi. Su cui non sarà certo l’Udc (né Fli) a fare le barricate. Anche il quoziente familiare, reclamato più volte dai centristi, viene tolto dal tavolo: basterà qualche segnale in quella direzione, che sia «compatibile con i conti pubblici».
Gli uomini di Fli, costretti a subire la leadership Udc, fanno buon viso a cattivo gioco: bene Casini, «rafforza la nostra convinzione sulla necessità di un nuovo corso che faccia uscire il Paese dalla deriva muscolare», dice il capogruppo Bocchino, che ieri a pranzo ha avuto un lungo colloquio con il leader Udc. «In fondo stiamo dando una mano anche a Fini - assicurano i casiniani - se restava arroccato su una linea anti-Berlusconi non andava da nessuna parte, così invece riuscirà a tenere i suoi». E se per un po’ Fini dovrà starsene in disparte, «a tutti tocca fare il sommergibile dopo una sconfitta. Poi si risale, come Pier...».
Le prossime prove della maggioranza in Parlamento, a questo punto, appaiono meno ardue, anche senza afflusso di nuovi parlamentari: il gran battage sul gruppo dei «responsabili» pronti a passare con la destra, spiega qualcuno nel Pdl, è servito più che altro a costringere Casini e Fini a «venire a patti». Berlusconi conta però sull’Mpa: oggi vedrà Lombardo, in gran difficoltà in Sicilia perché la base Pd è in rivolta contro il sostegno al suo governo, e far pace coi berluscones dell’isola potrebbe per lui essere questione di sopravvivenza. Il passaggio al Pdl del senatore Burgaretta, ex Mpa, viene visto come un primo segnale in tal senso. La tanto temuta mozione di sfiducia a Bondi, a questo punto, potrebbe slittare alla prossima settimana: il terzo polo si avvia verso l’astensione, e «il Pd - dicono dall’Udc - preme per rinviare il voto perché per loro rischia di essere solo l’ennesima sconfitta».
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