Il disegno di legge che prevede la riduzione delle tempistiche bibliche dei processi italiani è finalmente stato approvato al Senato e ci si prepara per la lunga battaglia alla Camera dei Deputati. Solo fuori da ogni logica pregiudiziale ed esenti da qualunque ipoteca ideologica si può vedere la realtà che il disegno di legge sul «processo breve» rappresenta. In primo luogo è un piccolo passo verso l'adeguamento del sistema giudiziario italiano agli standards qualitativi delle democrazie occidentali in genere e degli altri Paesi europei in particolare.
C'é chi ancora avanza delle critiche verso quel movimento riformatore che la maggioranza degli italiani ha scelto e che è incarnato dalle intenzioni del Governo di procedere ad una revisione del sistema giurisdizionale italiano. Sono quegli stessi italiani che proprio nelle aule di giustizia civili, penali ed amministrative vengono irrimediabilmente impantanati a tempo indeterminato con sacrificio specioso dei loro interessi e dei loro diritti e dispendio stratosferico di risorse pubbliche.
Il disegno di legge sul «processo breve» incardina in sé tutte queste esigenze di carattere elettorale, giuridico, politico, sociale, economico. Come si può ritenere, del resto, che le cose vadano bene così come sono, se proprio in questi giorni Calogero Mannino ha concluso (si spera) le sue vicende giudiziarie dopo ben 17 anni (di cui quasi due di detenzione, illegittima ed ingiusta) con danni morali ed esistenziali incalcolabili e con la beffa che nessun tipo di sanzione, nemmeno di carattere disciplinare, toccherà quei magistrati che per due decenni lo hanno inchiodato in un limbo giuridico? Non è proprio in questi giorni che si è saputo dei venti amministratori politici di Subiaco assolti per le vicende presunte di tangentopoli dei primi anni '90, anch'essi dopo aver subito la fine coatta della carriera politica oltre che l'infamia e la sofferenza di alcuni mesi di detenzione? E ancora: le vicende dell'ex Presidente della regione Abruzzo Ottaviano del Turco, il quale dopo due lunghi anni non solo non è stato condannato come tutti avevano previsto, ma ha assistito ad un ribaltamento della situazione che ha visto la presunzione d'innocenza a suo carico trasformarsi in certezza, non sono anch'esse drammaticamente esemplificative di quanto sia urgente la riforma delle tempistiche processuali?
Come ha correttamente scritto Pierluigi Battista, giorno 20 gennaio sul Corriere della Sera, se è vero che la magistratura non deve usare riguardi e guanti di velluto contro la politica, è anche vero che non deve accanirsi in violazione del principio di terzietà e delle garanzie giuridiche previste sia dalla Costituzione che dai principi generali fondativi dello Stato di diritto. In secondo luogo si deve considerare il disegno di legge sul «processo breve» come il tassello di un più ricco mosaico che prevede anche la riforma delle intercettazioni, la riforma dell'avvocatura ed una maggiore tutela dei diritti della difesa che non si dilaterebbero nell'arco di uno o più decenni con una sorta di condanna preventiva all'indeterminatezza processuale; l'istituzione del tribunale di famiglia che da un lato eviterebbe l'affollamento nei tribunali di ulteriori contenziosi, e dall'altro consentirebbe alle parti in causa nelle liti famigliari una maggiore speditezza per la tutela ed il riconoscimento dei propri interessi e dei propri diritti ed, infine, perfino la riforma della normativa, spesso farraginosa ed ostativa ai fini che essa stessa si è prefissata, delle adozioni internazionali, praticamente impossibili oggi in Italia.
Insomma, il Governo si sta prodigando per ammodernare il sistema giurisdizionale italiano in termini più garantistici, di una maggiore efficienza, e di una più profonda efficacia, rivelandosi, forse, l'atto governativo maggiormente riformatore dell'intera storia repubblicana. Peccato che le forze dell'opposizione abbiano deciso di perdere l'occasione di partecipare alle riforme necessarie al Paese, preferendo arroccarsi sul conservatorismo delle loro torri d'avorio ideologiche. Ma forse, è per questo motivo che il Pd perde ben quattro punti percentuali di consenso come riportano gli ultimi sondaggi, e forse è per questo conservatorismo istituzionale (e spesso antigiuridico che l'Idv sembra guadagnare un punto percentuale. La mentalità garantista della maggioranza di Governo raccoglie consensi, ma ad essa si contrappone una lieve crescita della mentalità opposta mentre PD e UDC, restano al centro, a guardare la lotta tra la civiltà del diritto, esemplarmente incarnata dalla logica che sottende il disegno di legge sul «processo breve», e la barbarie giustizialista.
di Aldo Vitale
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