Cerca nel blog

Benvenuti nel blog di Forza Italia di Gioia del Colle

Sito di informazione politica
della sede di Gioia del Colle

giovedì 17 giugno 2010

IN DIFESA DELLA PRIVACY DEL CITTADINO


PDFStampaE-mail

Ascoltare e punire. Sembra questa l’unica spiegazione che può giustificare una mole così ingente di intercettazioni prodotte nel nostro Paese. Secondo le cifre che il Presidente Silvio Berluconi ha citato durante l’Assemblea di Confcommercio, in Italia sarebbero circa 7 milioni le persone ascoltate al telefono da un orecchio indiscreto. Se pensiamo che nel Regno Unito ed in Germania le operazioni di intercettazione sono di appena 5/6 mila si può ben comprendere come nel nostro Paese la registrazione delle conversazioni sia il mezzo principale delle attività di indagine. Potremmo quasi parlare di uno Stato di polizia che si fonda sulla concezione che l’italiano sia intimamente propenso ad infrangere le regole e che debba, quindi, essere controllato a sua insaputa violando la sua privacy.

I giustizialisti la pensano in questo modo, mossi da un purismo ideologico che ritiene l’uomo intrinsecamente corrotto: intendono «purificare» la società attraverso tutti i mezzi tecnologici che essa dispone. Per essi la Giustizia diviene il sommo arbitro al disopra del potere Legislativo ed Esecutivo. Tant'é vero che, se il legislatore prova a regolamentare gli abusi delle pratiche di intercettazione, si parla di minaccia della democrazia, di disimpegno nella lotta alla criminalità. Una parte dei protagonisti del giustizialismo appartiene ad una minoranza di magistrati e di giornalisti, difesa a spada tratta dalle parole farneticanti di Di Pietro che, ancora, oggi alimentano il circuito mediatico-giudiziario che mette alla gogna chi è indagato ancor prima che le Aule giudiziarie si esprimano e che trasforma un avviso di garanzia in una sentenza di condanna o attraverso le parole estrapolate da una conversazione intercettata.

Ma se il potere giudiziario dovesse seguire le orme del giustizialismo rischieremmo di compromettere lo Stato di diritto del nostro Paese e l’intromissione nella vita del cittadino diverrebbe una pratica ricorrente. Orwell la chiamò «il grande fratello», che tutto vede e tutto controlla. Come possiamo pensare che violare la privacy di una persona non significhi ledere la sua libertà? Se avessimo un approccio civile, come accade anche in altri paesi democratici, useremmo lo strumento delle intercettazioni solo in caso di gravi indizi e daremmo valore al reato di violazione del segreto istruttorio, unica garanzia perché l’inchiesta giudiziaria segua il suo iter naturale senza che essa alimenti il giustizialismo mediatico attraverso le pagine dei quotidiani. Il ddl che regolamenta l’uso delle intercettazioni deve, quindi, procedere nel suo iter di approvazione e dal Senato, ora, verrà calenderizzato alla Camera. E' auspicabile che non subisca troppe modifiche. E’ una situazione di emergenza che non può più essere ignorata.

Alcuni media alzano la voce denunciando una restrizione della loro libertà. Del resto, si sa, lo scandalismo fa vendere copie e, come un gioco perverso, cattura il lettore nella curiosità di guardare nella vita altrui. A tale proposito l’Osce dichiara, attraverso le parole del suo vice rappresentante Roland Bless, che il provvedimento sulle intercettazioni non sarebbe in linea con i suoi standard e che per tutelare la privacy dei cittadini «ci sono altre istanze»; egli evidenzia un’altra sentenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo che stabilisce che è lecito che una personalità pubblica venga maggiormente osservata rispetto al resto dei cittadini. Evidentemente l’Osce è disposta a sacrificare la privacy di milioni di persone per preservare l’attività dei media e, forse, non conosce molto bene la storia degli ultimi 15 anni del nostro Paese, in cui un avviso di garanzia si trasformava automaticamente in una condanna a mezzo stampa del personaggio pubblico finito nel tritacarne mediatico-giudiziario. Ancora una volta la politica assume un ruolo centrale nella vita pubblica della nostra società, poiché, senza il provvedimento del Governo, lo spionaggio acustico potrebbe diventare una pratica destinata ad ingigantirsi.

di Alessandro Gianmoena
gianmoena@ragionpolitica.it

Nessun commento: