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Benvenuti nel blog di Forza Italia di Gioia del Colle
sabato 27 marzo 2010
martedì 23 marzo 2010
Convocato per il 25 marzo il Consiglio Comunale
OGGETTO: Convocazione Consiglio Comunale.
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
Vista la richiesta del Sindaco in data 19.3.2010 prot. 9401; Sentita la conferenza dei capigruppo in data 22.3.2010; VISTO il regolamento per il funzionamento del Consiglio Comunale; VISTO lo Statuto Comunale;
CONVOCA
il Consiglio Comunale di Gioia del Colle in seduta straordinaria ed in 1A Convocazione per il giorno 25 MARZO 2010 alle ore 16,00, e, nel caso non si raggiunga il numero legale, in 2A Convocazione per il giorno 6 APRILE 2010 alle ore 16,00 nella nella Sala Consiliare di Palazzo San Domenico, per la trattazione dei seguenti argomenti:
SEDUTA PUBBLICA
1. PRESA DATTO ED APPROVAZIONE VERBALE DELLA SEDUTA CONSILIARE DEL 4.2.2010.
2. DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO COMUNALE N. 4 DEL 11.2.2009 DALL'OGGETTO: "BACINO ATO BA/5: INDIVIDUAZIONE SITO PER IMPIANTO DI COMPOSTAGGIO CONSORTILE. DETERMINAZIONI." - REVOCA.
3. ESERCIZIO NEL TERRITORIO COMUNALE DI FORME ITINERANTI DI SPETTACOLO CHE IMPIEGHINO ANIMALI. APPROVAZIONE NUOVE DETERMINAZIONI
4. RATIFICA DELIBERA G.C. N. 52 DEL 18.3.2010 AVENTE AD OGGETTO: "ASILO NIDO COMUNALE. MODIFICA DELIBERAZIONE G.C. N. 97 DEL 21.5.2009. PROSIEGUO ATTIVITÀ EDUCATIVA SINO AL 31.7.2010. VARIAZIONE DI BILANCIO".
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
Avv. Tisci Filippo Gianfranco
LA FORZA DEL POPOLO
Proponiamo ai lettori di «Ragionpolitica» un intervento del coordinatore nazionale del Popolo della Libertà e ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi, pubblicato su «Il Giornale» del 22 marzo. I nostri avversari, dopo la grande manifestazione di piazza San Giovanni in Laterano, ci rivolgono continuamente l'accusa di populismo, come se fosse un tratto negativo della nostra politica, della politica di Berlusconi. Fanno bene a rimproverarci di essere dei populisti, perché effettivamente il nostro unico punto di riferimento è il popolo, nel senso più alto e nobile della parola. Il popolo è il fondamento della democrazia. La democrazia nasce dal popolo, per il popolo. Le sentenze della giustizia sono pronunciate in nome del popolo. Il popolo è il custode di una storia, di una tradizione, dell'identità di una nazione. Il nostro caro don Gianni Baget Bozzo, che forse continua a trepidare da lassù per le sorti del nostro movimento politico e per il destino dell'Italia, non mancava mai di ricordare che proprio il popolo italiano, nei momenti decisivi e cruciali della nostra storia, ha scelto la libertà contro il totalitarismo, ha scelto la democrazia contro il comunismo, ha scelto i valori della tradizione cristiana contro i nemici della nostra civiltà. Perciò, quando ci accusano di populismo, in realtà ammettono di essere contro il popolo, di diffidare sempre del popolo, di considerarlo alla stregua di un bambino bisognoso di una guida, di un'avanguardia depositaria del sapere, della cultura, del bene, del fine della storia. È per questo che disprezzano tutto quello che il popolo fa e pensa, è per questo motivo che ignorano quello che il popolo desidera e spera, è per questa ragione che non considerano le esigenze e i bisogni reali dei cittadini. Per noi è vero il contrario. Per noi la volontà del popolo, dei cittadini è sacra, è inviolabile, è il frutto di una saggezza antica e di una profonda intelligenza. Non anteponiamo la nostra volontà a quella del popolo, né quella dello Stato al popolo, tanto meno quella dei partiti al popolo. Per noi lo Stato, i partiti, la politica hanno una funzione positiva quando si mettono in ascolto e al servizio della volontà del popolo. Per noi rispettare il popolo significa innanzitutto rispettare le scelte degli elettori. In secondo luogo questo significa per noi l'obbligo assoluto di non tradire gli impegni assunti con gli elettori. Per la sinistra, invece, gli impegni presi durante la campagna elettorale sono carta straccia. Per la sinistra ha valore solo quello che, in un determinato momento, conviene agli interessi del partito. Si tratta dunque di una filosofia, di una cultura, di una mentalità che è agli antipodi della nostra. Per queste ragioni, dunque, siamo il Popolo della Libertà. Da quando il Pdl è nato, abbiamo ottenuto continui successi, in tutte le tornate elettorali, nazionali e locali. E sono certo che anche queste elezioni confermeranno la fiducia che il popolo italiano ha verso di noi. Forse l'amalgama del nuovo partito non è perfettamente riuscita o non è ancora completata a livello dei quadri nazionali, ma il popolo del centrodestra non è mai stato così unito e solidale, come si è visto anche in piazza San Giovanni in Laterano. Nessun processo di unificazione, nella storia italiana ed europea, è stato semplice e facile. Unificare tradizioni, storie, organizzazioni e personale politico diverso è sempre un processo complicato, che richiede pazienza, buon senso e tanta sapienza politica. Nel nostro caso, tuttavia, gli sforzi che abbiamo compiuto in un arco di tempo molto breve hanno consentito di raggiungere risultati importanti. Certo, molto resta ancora da fare. Ma dobbiamo essere soddisfatti del lavoro che abbiamo fatto fino ad ora. Per il futuro dobbiamo essere ottimisti: il popolo ci indicherà la rotta da seguire, basterà ascoltarlo per non smarrire la strada che abbiamo intrapreso. Il traguardo del Pdl è un traguardo irreversibile, da cui non si torna indietro. La prospettiva storica da cui nasce il Pdl è il rafforzamento della democrazia e del bipolarismo nel nostro paese. Il Pdl è perciò la garanzia più forte contro il ritorno al passato, è il baluardo più forte contro le tendenze allo sgretolamento e alle minacce di divisioni politiche e territoriali. Chi, come l'Udc, scommette sulla sconfitta del bipolarismo, lavora per il ritorno a un sistema politico fondato sul primato dei partiti piuttosto che sulla libera scelta degli elettori. L'Udc di Casini non ha una politica, attende la fine del bipolarismo e la crisi del Pdl per tornare alla vecchia politica, che è all'origine della corruzione, del clientelismo, dell'ingovernabilità e della spesa pubblica fuori controllo che abbiamo ereditato. L'unica politica di Casini è divenuta la politica dell'opportunismo, della convenienza, della negazione di quei valori e di quei programmi che fanno parte del Ppe. L'Udc ha abbandonato il popolarismo europeo per sostenere gli atei e gli anticlericali come la Bresso in Piemonte e i giustizialisti come Di Pietro. Questa politica è miope e ha imboccato una strada senza uscita. Una politica che guardi agli interessi dell'Italia non può non avere la vocazione al rafforzamento del bipolarismo e della democrazia dell'alternanza, in coerenza con i sistemi politici di tutte le grandi democrazie dell'Occidente. Il Pdl ha anche un'altra missione da svolgere: quella di rappresentare l'unica grande forza politica nazionale, in grado di farsi interprete degli interessi nazionali. L'unica grande forza politica capace di farsi carico delle ragioni del Meridione e, al tempo stesso, anche delle ragioni del Nord. Rafforzare il Pdl, anche in queste elezioni regionali, significa garantire la stabilità, la governabilità e l'unità dell'Italia. Sandro Bondi |
sabato 20 marzo 2010
In un milione a Roma:
Lasciamo parlare le immagini!
E' stata una grande manifestazione. una festa di polpolo, uno spettacolo straordinario.
Davanti alla sua gente, Silvio Berlusconi ha confermato il suo impegno e quello del governo del fare a portare a compimento la rivoluzione liberale, con le riforme istituzionali, quella della giustizia, il completamento della sburocratizzazione, la riforma fiscale, le grandi opere.
I tredici candidati governatori hanno sottoscritto il “Patto per l’Italia”, fondato su alcuni punti ben precisi: attuazione immediata del piano casa; snellimento di tutte le procedure burocratiche e creazione di un’impresa in un solo giorno; realizzazione di una sanità più efficiente con lo drastica riduzione delle liste d’attesa; messa a dimora di 100 milioni di alberi e creazione di piste ciclabili per fare dell’Italia il giardino d’Europa; riduzione delle tasse regionali sulla famiglia.
Questo è l’impegno del Popolo della Libertà, del governo del fare opposto alla una sinistra del catastrofismo che diffonde invidia ed odio. Questo il grande impegno con gli italiani nel governo delle Regioni, forti di questa certezza: con il Popolo della Libertà vince l’amore, vince la libertà. Sarà così anche il 28 e 29 marzo!
giovedì 18 marzo 2010
Tutti a Roma sabato 20 marzo!
mercoledì 10 marzo 2010
BERLUSCONI: Ai nostri delegati impedita la presentazione delle liste
Ore 11,35: ingresso in tribunale dei presentatori della lista del Pdl, documentato dalla certificazione della registrazione all’ingresso del signor Giorgio Polesi + 3 persone delegate per la presentazione delle liste. (Allegato 1)
Ore 11,40 circa: arrivo davanti alla cancelleria (stanza 23, palazzina A), dei delegati presentatori, con relativa documentazione contenuta, per quanto attiene alle firme autenticate sotto le liste, in uno scatolone. Circostanza documentata da n° 3 dichiarazioni giurate (Laura Santarelli, giornalista Rai, Juri Antoniozzi e la prof.ssa Maria Marescotti), mediante verbale di assunzione di informazioni ai sensi dell’articolo 391 bis cpp. (Allegato 2)
Solo uno dei due presentatori del Pdl (così come richiesto dalla Forza pubblica per motivi di spazio), Giorgio Polesi, si pone materialmente in fila dietro la porta della Cancelleria, mentre l’altro, Alfredo Milioni, staziona nelle vicinanze.
Poco dopo le ore 12: un componente dell’Ufficio centrale circoscrizionale, di sesso maschile esce dalla cancelleria e si limita a chiedere ad alta voce, a chi è ancora in attesa per presentare le liste, di alzare la mano. Giorgio Polesi, rappresentante del Pdl, alza la mano, insieme ai rappresentanti delle altre liste in attesa. Nessuno del predetto Ufficio (e nemmeno delle Forze dell’ordine) verbalizza o, almeno, identifica i
presentatori delle liste in attesa, come invece avviene normalmente in simili casi.
Ore 12,30 circa: mentre uno dei presentatori della lista Pdl, Giorgio Polesi, rimane in fila con tutta la documentazione, l’altro, Alfredo Milioni, che si è allontanato dalla vicinanza della porta della Cancelleria, fa ritorno con l’obiettivo di dare il cambio al collega che era in fila da un’ora. A questo punto, non appena i due sono insieme davanti alla porta della Cancelleria, da parte dei rappresentanti di altre liste, in particolare dei Radicali, viene inscenata una gazzarra, senza mai mettere in dubbio la perdurante presenza del Pdl nella fila, con la scusa che fosse in corso un atto illegittimo di manomissione delle liste. Fatto non solo del tutto inesistente, ma anche materialmente impossibile, atteso che ogni eventuale modifica avrebbe dovuto riguardare anche i 248 atti separati, prestampati a macchina, contenuti nel contenitore appoggiato alla porta e pacificamente mai toccato, come risulta anche dai filmati messi in onda dagli stessi Radicali.
La gazzarra, a quel punto, costringeva i contendenti a spostarsi di qualche metro, anche per l’intervento della Forza pubblica che cercava di separare gli uni dagli altri. Poiché veniva impedito violentemente (in particolare dai Radicali che si sdraiavano anche a terra) ai due rappresentanti del Pdl di riportarsi vicino alla documentazione lasciata dietro la porta della Cancelleria, Milioni e Polesi chiedevano alle Forze dell’ordine l’intervento di un magistrato dell’Ufficio. Cosa che avveniva.
Con loro grande sorpresa, il Presidente dell’Ufficio centrale circoscrizionale, dott. Durante, appoggiato dalla dott.ssa Anna Argento anziché ristabilire l’ordine e consentire anche ai delegati del Pdl la pacifica permanenza nella fila di attesa, decideva incredibilmente di escluderli, asserendo che si trovavano oltre una linea segnata sul pavimento e larga un centimetro che avrebbe avuto il significato di delimitare l’area di attesa, fino a quel momento mai definita in alcun modo, e comunque mai comunicata ai delegati interessati, che infatti circolavano liberamente.
Ore 12,40 circa: alle rimostranze dei due, la dott.ssa Argento, anziché motivare la decisione, prospettava vari argomenti del tutto infondati sulla parità tra le liste, piccole o grandi, che suscitava applausi e grida sguaiate di approvazione da parte dei Radicali.
A quel punto, veniva data disposizione alle Forze dell’ordine di impedire l’avvicinamento alla Cancelleria dei delegati della lista del Pdl inopinatamente “espulsi”. Il presidente Durante faceva solo allora formare un cordone di polizia e di carabinieri per delimitare l’area, mai prima di quel momento ufficialmente definita.
Vista la situazione, i due rappresentanti del Pdl chiedevano telefonicamente l’intervento del responsabile nazionale dell’ufficio elettorale del Pdl, on. avv. Ignazio Abrignani, che giunto subito sul posto poco prima delle 14, tentava inutilmente di far accettare comunque dall’Ufficio la presentazione della lista, anche con tutte le riserve del caso che l’Ufficio avesse voluto annotare, così come impongono le norme elettorali. Prima di lui erano arrivati i responsabili regionali del PdL on. Pallone e on. Sammarco, che avevano inutilmente fatto lo stesso tentativo.
Ore 14,10 circa: la Forza pubblica intimava a tutti i rappresentanti del Pdl, dietro disposizione dell’Ufficio, di allontanarsi definitivamente dall’area, invitandoli addirittura ad uscire dal Tribunale.
Ore 14 e 15 circa: convinto dell’arbitrarietà dell’intimazione, il responsabile elettorale del Pdl on. Abrignani insiste vigorosamente sull’inaccettabilità delle distinzioni dell’Ufficio ma viene chiamato dal prefetto di Roma, evidentemente informato dei fatti, che lo invita a desistere da ogni azione di forza tesa ad ottenere comunque l’ingresso in cancelleria. Il prefetto, nella conversazione telefonica con Abrignani, asserisce di aver avuto dal Presidente dell’Ufficio centrale circoscrizionale, dott. Durante, precisa assicurazione che tutto sarebbe stato sanato a seguito di un ricorso, che consigliava di presentare tempestivamente allo stesso Ufficio.
Il contenitore con la documentazione relativa alle firme continuava a rimanere davanti alla porta della Cancelleria, nell’area dove continuava ad essere impedito l’accesso ai delegati del Pdl.
Ore 17 circa: viene presentato il ricorso presso la stanza dell’Ufficio circoscrizionale. Nell’atto viene elencato il materiale contenuto nello scatolone (Allegato 3).
Ore 17,30 circa: è finalmente possibile recuperare lo scatolone, che viene consegnato dai Carabinieri, i quali altrimenti lo avrebbero depositato, a loro dire, nell’ufficio oggetti smarriti quale res derelictae, a seguito di istruzioni della dott.ssa Argento.
Ore 17,40 circa: dopo l’avvenuta presentazione del ricorso, il contenitore della documentazione (“lo scatolone”) viene definitivamente consegnato al piano superiore, presso il Comando dei Carabinieri del Tribunale, dov’è stato inventariato dettagliatamente, come risulta dal verbale di repertamento redatto dal Nucleo investigativo del Reparto operativo, VI sezione, appositamente intervenuto (Allegato 4). L’inventario corrisponde esattamente a quanto dai delegati indicato alle ore 17 nel ricorso. L’attesa dell’intervento del Reparto di cui sopra, non presente in Tribunale e chiamato appositamente dal ten. col. Fabrizio Di Simio, comandante del reparto Carabinieri del Tribunale, si è protratta per poco meno di due ore e solo alle 19 e 30, terminate le operazioni di inventario, veniva redatto il verbale sottoscritto dai delegati Polesi e Milioni, dall’on. Piso (coordinatore regionale del Pdl, successivamente intervenuto) e dall’on. Abrignani. E’ pertanto privo di ogni fondamento (ammesso che possa essere influente) il rilievo fatto dal Tar circa il tempo intercorso tra il prelevamento dei documenti presso la cancelleria e l’arrivo al piano superiore presso il Comando dei Carabinieri.
In conclusione, sin dalle ore 11 e 40 i rappresentanti del Pdl erano davanti alla cancelleria dell’Ufficio centrale circoscrizionale, dove sono rimasti ininterrottamente con la documentazione fino alla loro inopinata esclusione e alla gazzarra inscenata dai Radicali.
Ore 12.40 circa: la documentazione ripresentata questo lunedì, 8 marzo, è necessariamente e documentatamene la stessa che era in possesso dei delegati del Pdl all’ingresso in tribunale. E’ stato frutto di un marchiano errore da parte dell’Ufficio circoscrizionale il non aver registrato gli arrivi entro le ore 12 dei presentatori delle liste in attesa.
E’ sicuramente, a nostro avviso, frutto di una decisione grave avere impedito (eventualmente con qualsiasi annotazione di riserva) la presentazione della lista Pdl con motivazioni non condivisibili e prive di fondamento giuridico.
E’ inoltre del tutto difforme dal vero quanto affermato su alcuni quotidiani, secondo i quali fino alle ore 20 successive alla predetta esclusione nessuno del Pdl si sia presentato in cancelleria, come risulta invece per “tabulas” dal ricorso presentato alle ore 17 e come possono documentare gli stessi rappresentanti delle Forze dell’ordine, e che avevano impedito l’ingresso in cancelleria prima di quell’ora proprio su ordine dell’Ufficio.
Sia detto infine incidentalmente che i rilievi del Tar sono privi di pregio anche relativamente alla asserita inapplicabilità del Decreto Legge interpretativo, atteso che la norma regionale del Lazio richiama espressamente la norma nazionale oggetto del Decreto Legge, che andava quindi in concreto applicata dal Tar, secondo la successiva interpretazione autentica. Ma su questo intendo intervenire prossimamente attraverso una conferenza stampa da Palazzo Chigi.
martedì 9 marzo 2010
lunedì 8 marzo 2010
LA TUTELA DEL DIRITTO DI VOTO
La nostra Costituzione, così strenuamente difesa da tutto l'arco politico e addirittura ridotta a feticcio da parte di taluni esponenti del medesimo, attribuisce con chiarezza cristallina diritti politici attivi e passivi ai cittadini. Diritti imprescindibili, in quanto determinanti per il funzionamento corretto e legittimo della nostra democrazia. L'interpretazione autentica e la conseguente corretta applicazione dei principi costituzionali inerenti al diritto di voto non lasciano spazio a dubbi: il diritto di voto è garantito a tutela dei cittadini, non di una metafisica entità statale che ne concede la fruizione. Siamo una Repubblica parlamentare, non una monarchia più o meno illuminata nella quale al re abbiamo sostituito il testo costituzionale con annessi e connessi: è la Costituzione al servizio del cittadino, non il contrario. Il dilemma - che forse poi tale non è a ben guardare - che pone l'attuale situazione di Lazio e Lombardia riguardo alle imminenti elezioni regionali è il seguente: criteri rigidamente formali inerenti all'ammissibilità di due liste possono prevalere e, di fatto, inficiare completamente un diritto soggettivo costituzionalmente garantito? Assodato che l'esatto svolgimento degli eventi nonché la reale entità delle mancanze formali che hanno generato la sconfortante situazione non è ancora ben chiara, tanto è vero che è ancora al vaglio degli organi competenti, è ammissibile che un governo si renda omissivamente responsabile di un gravissimo pregiudizio alla libertà del cittadino? No. Non in uno Stato realmente democratico. Non in uno Stato che ha realmente a cuore gli interessi non di un candidato, di una lista o di uno specifico schieramento politico, bensì di un diritto politico che, qualora non venisse tutelato, si ridurrebbe a semplice «diritto di carta»: un non-diritto, privo di qualunque consistenza, privo di qualunque efficacia. Qualcuno potrebbe obbiettare che un approccio al problema di questo tipo, basato sulla prevalenza del diritto sostanziale sul «diritto formale», chiamiamolo così per semplicità, denoterebbe un'aderenza eccessiva al giusnaturalismo, che, purtroppo, poco o punto spazio trova in un sistema come il nostro, ancorato alla civil law. Allo stesso modo, poiché da lungo tempo abbiamo superato le rigide pregiudiziali giuspositiviste, le quali imponevano graniticamente la prevalenza dello ius positum, anche a scapito dell'elementare buon senso (giuridicamente inteso), fino a teorizzare, con Hans Kelsen, la legittimità dello «Stato di banditi» (dai nazisti in su, per capirci...), oggi dovremmo chiederci, in tutta serenità, quale legittimità avrebbe una amministrazione regionale che non sia figlia del confronto apertamente democratico. Pregiudicare il diritto di milioni di italiani che di fatto si troverebbero di fronte ad elezioni con le urne preventivamente riempite in quanto impossibilitati ad esprimere una preferenza per un blando intoppo procedurale, in quale astruso modo può essere considerato esercizio di democrazia o, più algidamente parlando, rispetto della legge? Come potremmo ancora parlare di «rappresentatività»? Quanto varrebbe in un contesto di tal fatta il «mandato popolare»? E' legittimo pensare che ponderazioni di questo genere, volte a preservare non solo l'aderenza pedissequa alla legge, ma, attraverso la corretta interpretazione della medesima, anche a tenere conto di imprescindibili considerazioni teleologiche, abbiano determinato la decisione del presidente della Repubblica di firmare un decreto che non è legittimo, in alcun modo, chiamare «salva lista». Al limite «salva democrazia». Un decreto che sancisce in una qualche misura la differenza tra una democrazia formale ed una sostanziale. Francesco Natale
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venerdì 5 marzo 2010
DIRITTO DI VOTO: Perché il Popolo della Libertà va in piazza
Perché il Popolo della Libertà va in piazza per difendere il diritto di voto in Lombardia e Lazio? Perché, oltre a percorrere tutte le vie della giustizia amministrativa, non è illogico pensare ad una soluzione politica concordata?
Per capire la portata di quello che sarebbe diversamente un durissimo colpo, un colpo senza precedenti, inferto alla democrazia, basta guardare a che cosa rappresentano queste due regioni.
Con 9,8 milioni di abitanti la Lombardia è la più popolosa, ricca e dinamica regione d’Italia. Con 5,6 milioni di abitanti il Lazio è, assieme alla Campania, la seconda regione più popolata. Se si andasse al voto privando il centrodestra dei suoi candidati e delle sue liste, 15 milioni e mezzo di cittadini, un terzo del corpo elettorale chiamato alle urne alle Regionali, resterebbe privo di una rappresentanza politica e amministrativa vera.
Il Lazio è la regione della Capitale, la Lombardia quella del capoluogo economico e produttivo. Nelle due regioni assieme si crea la metà della ricchezza del Paese e c’è la più alta concentrazione di eventi sociali, culturali, turistici.
E’ possibile far svolgere elezioni così monche? D’accordo, c’è il rispetto delle regole formali e ci si appella, per la presentazione delle liste del PdL nel Lazio, ad un presunto e controverso ritardo di alcuni minuti. Quanto alle candidature a governatore in Lazio e Lombardia, siamo alle prese con i criteri di convalida di una parte minima delle firme (nel Lazio di una firma).
Vedremo come si pronunceranno i Tar ed eventualmente il Consiglio di Stato. Ma al tempo stesso, siccome è stato detto che in questi casi "la forma è la sostanza", ci domandiamo dov’è la forma e dove la sostanza.
Le libere elezioni sono la base e la quintessenza della democrazia. Privare del diritto di scelta un terzo degli elettori, un quarto del Paese, e le due principali regioni e metropoli italiane, è un fatto di forma o di sostanza?
Qui siamo di fronte ad un fatto di sostanza che non ha precedenti nel mondo occidentale. Escludere dal voto un terzo di chi ne ha diritto, e tutti della stessa parte politica, avrebbe conseguenze devastanti per la nostra credibilità democratica e per il sistema politico interno. Governerebbe chi non ne ha il diritto, nelle due aree d’Italia più strategiche.
Su questo si deve ragionare, avendo il PdL già ammesso errori e disattenzioni laddove ci sono stati. E’ il momento però che questa vicenda esca dalla sfera del folklore politico (che esiste da quando esistono i partiti e la democrazia, e c’è dappertutto), per salire ad un livello di considerazione più alto.
Le istituzioni, le forze politiche compresa l’opposizione, gli stessi organi d’informazione non possono non rendersene conto. Non può non renderserne conto chiunque abbia a cuore la democrazia.