«Houston, abbiamo un problema»: conta ancora la politica interna? Sfogliando l'elenco dei programmi televisivi pare di no. Molti media sono stati mobilitati e militarizzati per l'assalto mediatico al premier. Ci sono giornali e televisioni che sono diventati una morsa stretta intorno a Berlusconi. E' un sovra-potenziamento artificioso dei media che corrisponde, all'opposto, ad un sotto-dimensionamento della politica. La deriva mediatica produce il preoccupante effetto di svuotare la politica, quella vera, e le istituzioni, non solo catodiche, dell'attenzione che richiedono. E' come se i media fossero la realtà, mentre la realtà fosse soltanto una sospensione - uno spot! - che interrompe quella realtà finta. La realtà è solo quella che vuole Santoro. E' un'immagine, una rappresentazione della realtà che viene spacciata abilmente come l'unica realtà vera. I media sono diventati i sostituiti dei partiti di sinistra e i loro messaggi mediatici sono i surrogati delle ideologie. I media di sinistra in guerra vogliono sopprimere questi «spot» di realtà-reale per conferire ai mezzi d'informazione il potere sulla realtà. Oggi c'è un governo che non piace a questi media. Quindi questo governo non ha diritto di governare. Per loro la sovranità popolare deve sottostare alla sovranità mediatica: oltre all'investitura elettorale e parlamentare, il governo deve ricevere anche l'investitura mediatica. In questa finta realtà, dunque, Santoro si arroga il diritto di farsi unico dispensatore di verità. Qualunque cosa accada nella realtà non deve interferire con Santoro, perchè si considera un intoccabile. E' abbastanza per suonare l'allarme? Esiste il rischio che sia sempre più difficile distinguere ciò che è reale da ciò che esiste solo sullo schermo del televisore. Sarebbe curioso conoscere Michele Santoro nella vita quotidiana, mentre fa la spesa, è in coda in macchina, legge il giornale - o forse Santoro è solo un personaggio di Annozerointerpretato da un attore di cui non conosciamo nulla? Il potere invadente dei media in guerra corrisponde alla loro facilità nel propinare una cosa come vera. Le disquisizioni di Santoro non sono una certificazione di verità fattuale. Diventano un atto di credo. Chi ci crede, e chi no. E' una scelta personale. Ma è difficile scegliere la realtà, che deve essere uguale per tutti. Altrimenti resta solo la camicia di forza. Sulla homepage del sito internet di Repubblica emerge lo spiegamento di forze per pompare il messaggio della rivoluzione mediatica. Sabato è stato il giorno del «pronunciamento mediatico» contro il governo, il suo premier, il suo partito. Ma è un «golpe mediatico» nato fallito. Dicono trecentomila presenze, quindi saranno molte meno. Comunque sia, trecentomila sono soltanto lo 0,5% della popolazione italiana. Un po' poco per il cosiddetto «appello» alla libertà di stampa. Zero virgola cinque - o sei - per cento vuol dire che il novantanove per cento degli italiani se n'è clamorosamente fregato. Cioè: la libertà di stampa c'è già. E non dipende certo da trecentomila manifestanti del sabato pomeriggio. Come uscirne? Come riavere media che comunicano senza combattere? L'unica soluzione è di tornare a vivere nella realtà. Leggere smilitarizzati e seguire trasmissioni come tante altre. Magari parlare di problemi reali: banche, disoccupazione, criminalità... Sarebbe un modo completamente innovativo per vivere l'autunno imminente quello di organizzare una giornata di sciopero nazionale, cambiando canale, contro l'occupazione mediatica della realtà, contro lo strapotere dei conduttori-tribuni, contro l'accanimento informativo a senso unico. Come ai tempi d'oro della contestazione, i militanti della sinistra nei media fanno la marcia per la libertà d'informazione - è come una grande «convenscion» dove incontrarsi fisicamente, sventolando magliette, bandierine e altri gadgets dei propri beniamini televisivi. Servirebbe invece una cura dimagrante per liberare la realtà e la politica dal sovrappeso mediatico. La consolazione non arriverà tardi: i personaggi televisivi salgono alla celebrità tanto velocemente quanto precipitano nell’oblio. Gabriele Cazzulini |
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